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L'Amiantifera di |
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A Cura di Mario Caiolo |
INTRODUZIONE Questa sintesi nasce dalla volontà di un collezionista che, oltre ad interessarsi dei minerali della miniera di Balangero, ha voluto approfondire le conoscenze sia storiche che tecniche, di questa grande attività estrattiva. Ciò è stato possibile facendo delle ricerche nelle pubblicazioni specializzate e nella cerchia degli amici di tutto ciò che riguardava la miniera. Non sono mancate le difficoltà ma alla fine il risultato è stato interessante. Per quel che riguarda la descrizione delle specie minerali, l'autore si è basato sui campioni raccolti personalmente nelle numerose gite e nell'attento studio dei medesimi. Un aiuto determinante è venuto dalle analisi effettuate presso l'università di Pisa dal prof. Paolo Orlandi con metodologie diffrattometriche a raggi X e analisi chimiche qualitative E.D.S. ( spettrometria a raggi X a dispersione energetica). |
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Una lunga ricerca condotta sistematicamente dall'autore e dai sigg. Pierluigi Ambrino, ing. Antonello Barresi, Renzo Favero, prof. Paolo Orlandi, geom. Raffaele Prete e Giorgio Smeriglio ha dato notevoli frutti incrementando il numero delle specie presenti nella miniera e approfondendo le conoscenze geominerarie. |
Ci sono ancora delle analisi in corso su alcune fasi mineralogiche. Le difficoltà maggiori per la ricerca sono incominciate nel 1994 quando la concessione della miniera è stata rilevata da una società privata che ha smantellato parte delle strutture per la lavorazione dell'amianto e da allora l'accesso alla miniera è severamente vietato. Una seconda società sta effettuando opere di bonifica su alcune vecchie discariche mettendo a dimora varie e numerose essenze arbustive. |
. STORIA DELLA MINIERA DI SAN VITTORE Il giacimento amiantifero di San Vittore è stato scoperto nel 1904 dal com. Callisto Cornut e un primo esame geologico fu fatto dall'ing. cav. A. Colli di Torino nel luglio 1904 e un secondo nel 1905. Nel settembre 1906 l'ing. Fonville, perito giurato presso i tribunali della Senna a Parigi, fece una relazione. Nell'aprile del 1907 l'ing. Cav. A. Colli studiò il giacimento dal punto di vista tecnico-industriale. Di queste relazioni e studi non è stato più possibile trovare traccia. |
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Nel 1913 la ditta G. Lavelli di Milano otteneva una opzione dal comm. Callisto Cornut e incaricava il prof. P. Vinassa de Regny, titolare della cattedra di geologia presso la Regia Università di Parma, allo studio del giacimento. Questa relazione, allegata al progetto di società anonima, porta la data del 13 giugno 1913 e un'altra relazione dello stesso autore venne eseguita nel 1925. La società venne effettivamente fondata soltanto nel 1919 con il nome di Società Anonima Cave di San Vittore grazie all'appoggio di un gruppo di azionisti piemontesi e romani con a capo il barone Alessandro Celesia di Vegliasco. Essa ebbe varie vicissitudini e venne sostenuta, oltre che dagli azionisti, anche dal Banco di S. Spirito, dal Credito Italiano e dall'I.R.I. ( istituto per la ricostruzione industriale ). Nel 1935 la Dalmine acquistò la società dall'I.R.I. che l'aveva a sua volta ereditata dal Credito Italiano. Negli anni '40 passò al gruppo Finsider e da allora diventò Amiantifera di Balangero, passando nelle mani di diversi azionisti. I lavori ebbero inizio nella primavera del 1918 e il primo impianto di macinazione e separazione dell'amianto, limitato alla lavorazione di 500-600 tonnellate al giorno di roccia, entrò in funzione nel 1921. Due anni dopo furono ampliate le opere di scavo, quelle degl'impianti e delle strade di accesso. Accertata dai sondaggi l'esistenza di una potente e vasta zona mineralizzata, fu costruito un nuovo opificio di frantumazione con un maggiore numero di classificatori e un disintegratore a martelli oscillanti. Si progettò poi la costruzione di un altro impianto più potente per aumentare la produzione e nel 1906 si eseguirono nella cava grandiosi lavori di sistemazione e di preparazione con impianti meccanici di trasporto per ottenere una produzione di 3.000 tonnellate di roccia al giorno. L'anno successivo entrò in funzione, accanto al vecchio, un nuovo opificio della capacità di 9 tonnellate al giorno di fibra, e la produzione salì a 36.000 tonnellate annue ma si constatò che la resa del minerale era ancora insufficiente; tuttavia si raggiunse nel 1928 la produzione di 4.800 tonnellate di fibra, ma per la resa troppo bassa ( 1% ) , l'impresa cominciò a essere in serie difficoltà soprattutto nel periodo della grande crisi mondiale. Con opportune modifiche e perfezionamenti si riuscì in seguito ad aumentare la resa fino al 1,73 %. Nell'organizzazione tecnica del complesso industriale furono apportati miglioramenti sensibili e furono costruiti un acquedotto, un nuovo complesso di impianti e un laboratorio fisico-chimico per il controllo della qualità del prodotto. |
A quell'epoca i lavori di ricerca e di sfruttamento erano in una fase avanzata ed erano state eseguite le seguenti gallerie ; nel versante di Balangero, galleria Onorato inferiore e superiore ( 666 m e 739 m di quota ), galleria ribasso Celesia e superiore Celesia ( 666 m e 700 m ), galleria S. Barbara (666 m). Nel versante di Corio solo le gallerie Cornut inferiore e superiore ( 750 m e 770 m). |
Vennero eseguiti anche i seguenti campi di lavorazione: Pozzo Nero, Pozzo Celesia, Pozzo S. Barbara e Pozzo Onorato. Nel 1940 sulla rivista Industria mineraria d'Italia e d'oltremare appare un articolo sommario sul giacimento di Balangero redatto dal prof. Ing. Luigi Peretti del Politecnico di Torino. Su incarico della società Cave di San Vittore, verso la fine del 1941, il prof Massimo Fenoglio, direttore dell'istituto di Mineralogia e Petrografia dell'università di Torino, e il prof. E. Sanero eseguirono lo studio geologico e minerario della concessione e la loro relazione porta la data del 20 gennaio 1942. In seguito a questo studio venne intrapresa una campagna di ricerche nella zona del monte Rolei con lo scavo di 5 gallerie per oltre 210 metri, ma nonostante i risultati fossero stati molto interessanti, non venne effettuata alcuna coltivazione perché la zona era troppo ad est dei lavori minerari. Un'altra relazione venne segnalata dall'ing. F. Massone. Il dott. Ennio Mariotti, studioso del laboratorio della miniera, pubblicò i risultati di alcune ricerche sullo studio per estrarre il Nickel dalle serpentine nel 1943. Tra il 1948 e 1949 vennero eseguiti studi e campionamenti delle gallerie e inoltre venne aggiornata la topografia della miniera, la superficie rilevata a nuovo era di 80 ettari e quella riveduta era di 96 ettari. Il campionamento delle gallerie fu eseguito ogni 5 metri ad eccezione della galleria Bellezza (666 m) dove tale distanza venne portata a 20 metri a causa della sterilità della zona. Furono prelevati e trattati in laboratorio circa 440 campioni e le analisi confermarono che la zona più ricca di minerale era quella in coltivazione compresa tra gli imbuti Zero, Celesia e Barutello altresì venne pure confermata la sterilità del pozzo Bellezza e tutta la falda direzione sud-ovest dall'imbuto fino alla superficie. Vennero anche eseguiti sette sondaggi per una lunghezza complessiva di foro di 585 metri, e con essi venne accertata la fascia mineralizzata esistente tra l'imbuto Onorato e la galleria Cornut, già prevista dai professori Vinassa e Fenoglio, e la completa sterilità della zona a sud della galleria Cornut, e si confermò così il proseguimento della mineralizzazione amiantifera al di sotto del piano 666 m per oltre 80 metri. Complessivamente furono studiati in laboratorio 120 campioni dei sondaggi. |
Vennero anche eseguiti alcuni pozzetti e delle trincee per l'accertamento superficiale, e venne così precisata la potenza e il tenore della fascia mineralizzata. Furono rilevate 61 faglie di potenza variabile da 1 a 40 cm, delle quali 18 con direzione media nord-ovest/sud-est e immersione 35-80 gradi a nord-est. Le altre 43 con direzione media est e immersione 35-88 gradi a nord e sud. Nel 1944-45 l'attività si ridusse sensibilmente a causa dello scarso assorbimento del mercato interno ma la sosta produttiva venne messa a frutto per eseguire ricerche e per migliorare e ampliare i reparti di frantumazione e selezione della miniera anche se fino al 1945 la vita economica della miniera è stata molto difficile. Le cause principali risiedevano nella scarsa conoscenza che si aveva in Italia del trattamento dei minerali di amianto, nella limitata produzione e nel fatto che in passato l'industria manifatturiera richiedeva solo fibre lunghe e medie, con esclusione quindi delle corte e delle polveri che negli ultimi anni trovarono maggiori impieghi. |
Vecchia veduta aerea delle cave |
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Nel 1946 fu superato nuovamente il livello produttivo prebellico con circa 28.000 tonnellate. La razionale sistemazione degli impianti, il loro potenziamento e quello delle strutture inerenti continuarono ininterrottamente e nel 1948 la produzione raggiunse le 35.350 tonnellate.Durante il 1951 si erano sperimentati nuovi sistemi di trattamento del minerale con nuovi mezzi, metodi e macchinari e secondo concetti della tecnica moderna si ottenne una più spinta separazione delle fibre dalla roccia mineralizzata ed una precisa classificazione di esse rispetto ai loro impieghi ma nel 1953 la produzione subì una flessione in parte solo apparente, perché si dovettero gettare in discarica oltre 4.000 tonnellate di fibretta e polveri la cui vendita all'estero era sempre ostacolata dalle limitazioni imposte alle esportazioni di amianto. Le statistiche ufficiali registrarono dal 1919 la produzione di amianto ottenuta dalle cave di San Vittore, complessivamente da tale anno fino al 1929 la produzione fu di 20.553 tonnellate. Dal 1930 è stata introdotta la distinzione fra amianto in fibra e amianto in polvere e la produzione di quest'ultima passò da 100 tonnellate nel 1953 a 1.800 tonnellate negli anni successivi anche se subì poi alternanze dovute a difficoltà di utilizzare nel territorio nazionale e nelle esportazioni questo prodotto di basso valore. |
Azzurrite di Balangero |
Prima del 1956 vennero studiati alcuni metodi per migliorare l'estrazione del minerale e i risultati furono ottimi, così tra il 1956 e il 1960 si passò dalla tradizionale coltivazione a Glory-Hole alla coltivazione a gradoni meccanizzati. La coltivazione a Glory-Hole era caratterizzata da enormi scavi ad imbuto con pendenze notevoli e i minatori appesi a delle funi staccavano il minerale con martelli pneumatici, il quale poi rotolava fino al fondo dell'imbuto dove tramite un fornello veniva caricato sui vagoni di un treno e portato per mezzo di una ferrovia con poca pendenza ai capannoni di lavorazione. A Balangero erano presenti 6 imbuti a Glory-Hole, essi erano denominati Celesia, Barutello, S. Barbara, Zero e Bellezza ed erano tutti vicini e la quota di carico del minerale proveniente dagli scavi era di 666 metri , mentre l'imbuto Onorato era a 739 m , ma il minerale tramite l'omonima galleria veniva portato a quota 666 m. |
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La coltivazione a Glory-Hole presentava numerosi inconvenienti tra questi c'era la pericolosità di scavo sui gradini, perché le pendenze erano notevoli e quando pioveva la roccia diventava scivolosa ed era impossibile far defluire le acque di eduzione, inoltre ogni due anni si doveva cambiare la posizione dei fornelli di carico a causa dell'avanzamento dei lavori di scavo. Negli stabilimenti la fibra d'amianto veniva estratta, dopo la frantumazione, per via pneumatica e se la roccia era asciutta c'era un'alta resa ma se l'umidità arrivava all'8 % si dimezzava. Per questi ed altri fattori venne deciso il nuovo metodo di estrazione. Per mettere in atto la coltivazione a gradoni meccanizzati si dovettero superare alcuni problemi così si aprirono nuove piste per l'accesso ai medesimi ma durante queste operazioni si lavorava in zone più sterili costringendo a proseguire la lavorazione nei Glory-Hole per permettere un continuo rifornimento di roccia mineralizzata alle linee di lavorazione. Si erano resi necessari anche nuovi acquisti di macchinari tra cui una perforatrice e una coppia di camion per il trasporto di roccia. Nonostante queste difficoltà si riuscì ad ampliare le zone di scavo da est verso ovest collegando lentamente i vari cantieri e nel giro di 5-6 anni si riuscì ad eliminare le lavorazioni a Glory-Hole e la zona di scavo assunse la forma di una mezza costa a gradoni alti 12 metri ciascuno e larghi 8-10 metri. Con la meccanizzazione dei gradoni si cominciò a lavorare alle quote più alte abbassandosi lentamente e ciò comportò un notevole movimento di roccia sterile che venne scaricata ad est degli stabilimenti. Si aumentò notevolmente la produzione di fibra, passando dalle 20.000 tonnellate annue degli anni precedenti fino a raggiungere le 35-40.000 tonnellate all'anno. Si dovettero ampliare i capannoni di lavorazione e sopprimere i treni che caricavano dai fornelli dei Glory-Hole e furono cancellati anche i vecchi lavori. |
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Nel 1962 e poi nel periodo 1966-67 vennero effettuate due campagne di sondaggi per conoscere meglio l'andamento della zona mineralizzata confermando così le varie ipotesi circa la ricchezza del giacimento. Verso il 1968 si cominciò a presentare un serio problema perché, anche se i lavori di scavo avanzavano regolarmente, non si riusciva a completare la saturazione del ciclo di lavoro negli stabilimenti e comperare nuovi mezzi di scavo era quasi impossibile e inoltre non si risolveva il problema. Dopo vari studi e progetti si decise che bisognava aumentare la frantumazione primaria nella cava così verso la fine del 1968 arrivò alla miniera un enorme frantoio mobile, costruito appositamente, che venne istallato sul piazzale di cava e collegato tramite nastri mobili ai capannoni di lavorazione. Dagli anni '70 in poi si aumentò gradualmente la produzione di fibra e ciò causò l'acquisto di nuovi mezzi e il miglioramento delle tecnologie di lavorazione. |
"Dentriti" di manganese - Balangero |
Infatti dal dopoguerra vennero fatti numerosi acquisti di macchinari da cava perché quelli esistenti erano obsoleti a causa del duro lavoro a cui erano sottoposti e per le scarse tecnologie passate, vennero pure fatte alcune visite ad altre miniere per vedere i macchinari più adatti che si intendeva acquistare per Balangero e studiarne i pregi e i difetti, frattanto si migliorò molto la lavorazione all'interno dei capannoni evitando il formarsi della temutissima polvere, che negli anni passati aveva creato seri problemi sia ai lavoratori sia ai terreni circostanti la miniera. Negli anni '50 si lavorava in cava con pochi mezzi sovente sottodimensionati rispetto al lavoro necessario, mentre negli anni '70 il parco macchine era raddoppiato e i mezzi erano molto più affidabili e potenti. Nel periodo 1981-82 venne eseguita una ulteriore campagna di sondaggi per poter conoscere l'andamento e l'estensione della mineralizzazione tra quota 600 m e 500 m come consigliava il geologo dott. Burckhardt nel 1967, cioè quando la coltivazione avesse rimosso buona parte di minerale e di sterile che ricoprivano la parte inferiore del giacimento sotto quota 600 m. In questa campagna vennero effettuati 14 sondaggi, per un totale di 2.800 metri di foro, a carotaggio continuo, e le carote di serpentinite vennero trattate nell'impianto pilota secondo le stesse modalità della precedente campagna di sondaggi. Il geologo Burckhardt concluse così i risultati di questa ricerca; i sondaggi mostrarono che la massa principale di serpentinite ben mineralizzata proseguiva verso il basso fino a quota 400 m inabissandosi in direzione nord-est e presentando le medesime caratteristiche litologiche minerarie come nelle parti alte. Per quanto riguarda i risultati geominerari dei sondaggi situati nella zona settentrionale del giacimento si precisò l'andamento del contatto di tetto confermando le precedenti estrapolazioni e previsioni, mentre nei sondaggi della zona meridionale del giacimento si incontrò il contatto di esso composto da serpentina sterile o povera di letto e gneiss di letto e i rimanenti sondaggi mostrarono che nella parte orientale del giacimento la fascia di minerale buono a letto del cuneo intercalato di gneiss, esposto in superficie nella vecchia galleria Cornut, si allargava sempre più verso profondità maggiori. |
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Sphalerite ( Cave S. Vittore ) |
L'analisi dei dati forniti dai sondaggi, precedenti e nuovi, mostra che non esistono variazioni significative nella massa mineralizzata né in senso orizzontale né in senso verticale e la composizione media del minerale varia ovunque entro limiti abbastanza ristretti. Negli anni '80 vennero acquisiti nuovi macchinari e venne rimodernata una parte notevole delle linee di lavorazione perché questa miniera era tecnologicamente avanzata e sul mercato europeo dell'amianto si raggiunsero degli accordi tra le principali società del settore per una quota di mercato sufficiente senza danneggiarsi a vicenda. Nel 1990 a causa di una politica contro l'amianto a livello europeo, la miniera venne definitivamente chiusa nonostante ci fossero ancora oltre 18 milioni di tonnellate di amianto da estrarre e negli ultimi mesi di lavorazione mancarono i fondi per pagare le maestranze ma nonostante questi problemi si estraeva il minerale più ricco asportando la minima quantità possibile di sterile. |
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Passato circa un anno dalla chiusura ci furono alcune società che volevano rilevare la concessione della miniera ( fino al 1995 ), ma a causa di notevoli pressioni negative non si conclusero le trattative e i minatori fecero il possibile, anche per vie legali, per avere ciò che spettava di diritto ma nonostante le molte promesse non ricevettero quasi nulla e ci vollero quasi dieci anni per essere risarciti dei loro stipendi mancati. Alcuni minatori fondarono una cooperativa per avviare eventuali opere di coltivazione o di bonifica della miniera. Dal 1990 in poi la miniera ha dato segni di mancata manutenzione e notevoli atti vandalici, fortunatamente la maggioranza dei mezzi della cava vennero allontanati quasi subito e rimasero solo alcuni camion da miniera, un escavatore idraulico, una pala gommata e alcuni mezzi per la manutenzione in cava che furono portati via nel 1994, mentre nei capannoni rimase tutto quanto riguardante la lavorazione della fibra. Il bacino di eduzione delle acque meteoriche e sorgive, situato nel piazzale della cava a quota 600 m, è cresciuto notevolmente formando un esteso lago che è risalito a più riprese fino a quota 650 m sommergendo più volte il frantoio mobile che si trova ancora oggi nell'acqua. Nel 1994 si è costituita una società a capitale privato che eseguiva lavori di smontaggio di tutte le strutture della lavorazione dell'amianto ma verso il 2000 questa società ha cessato i lavori, mentre attualmente si procede lentamente alla bonifica totale della miniera da parte di un'altra società. Queste sono state le vicende storiche principali di questa miniera che ha influito nell'economia della zona in modo notevole per oltre 70 anni cambiando anche in modo definitivo il paesaggio locale . |
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